Trend vendite pre-durante-post covid: asset commerciale

L’arrivo del Covid-19 in Europa ha stravolto la vita di tutti. Ha cambiato le abitudini quotidiane e azioni normali sono addirittura diventate vietate.

Il distanziamento sociale e la disinfezione di mani e superfici, sono invece, diventate le nuove regole principe di questa vita in convivenza con il virus.

Tutto questo ha cambiato anche l’assetto industriale e commerciale dell’indotto di diversi settori. In particolare, le aziende produttrici di imballaggi hanno dovuto adeguare il loro prodotto alle nuove esigenze che qualche volta sono state anche imposte dai DPCM.

Dagli imballi ecologici e riutilizzabili al ritorno al monouso

Dalla necessità di difendere l’ambiente a quella pressante di evitare la diffusione del virus

Prima del Covid si è assistito ad una battente campagna di sensibilizzazione per evitare l’uso di inutili imballi usa e getta. Si è spostata velocemente l’attenzione sulla possibilità di utilizzare imballaggi riutilizzabili per tutto.

Acquistare frutta e verdura sfusa da pesare negli appositi sacchetti biodegradabili, comprare detersivi e prodotti igienici personali alla spina, scegliere anche pasta e riso a peso, erano queste e molte altre le situazioni verso le quali il mondo si stava orientando. Poi d’improvviso, come un tornado, la necessità di isolare, contenere hanno surclassato tutte le altre esigenze.

Questo fenomeno non si è scatenato solo nella filiera agroalimentare ma anche e soprattutto, nell’industria farmaceutica. Ospedali e strutture sanitarie sono diventate il primo bersaglio del virus e, per assurdo, il potenziale veicolo di contagio.

Le industrie del farmaco fornitrici di medicine e dispositivi hanno dovuto potenziare la sicurezza di imballi e packaging nel trasporto, non solo nel rifornimento dei vari nosocomi, ma anche nell’isolamento di tutti i rifiuti speciali che venivano quotidianamente dagli ospedali.

Dopo un iniziale slancio verso il tutto e per tutto nella lotta al Covid, la tematica ambientale è ritornata prepotente. Questo perché, se la Terra ha iniziato a respirare e rivivere a causa del lockdown, in breve è tornata ad essere invasa di nuove forme di inquinamento.

Queste richieste mutevoli e pressanti nel brevissimo periodo hanno fatto subire un’importante impennata di richieste delle industrie produttrici di imballaggi e contenitori di ogni tipo.

Coronavirus e aumento degli acquisti di prodotti preimballati

Paura del contagio e impennata degli acquisti on line hanno cambiato la percezione nell’uso degli imballaggi

Durante la fase uno del lockdown era possibile uscire esclusivamente per esigenze necessarie come situazioni mediche o spesa alimentare. La paura di contrarre il virus ha cambiato anche il modo di toccare ogni cosa. Mettere i guanti, disinfettare le mani e tutto ciò che si tocca, sono state per lungo tempo le regole da seguire anche per fare la spesa. Uno studio a campione ha evidenziato come il 46% delle persone che prima prediligeva prodotti sfusi ha preferito l’acquisto di prodotti già imballati durante l’emergenza sanitaria. Questo perché la presenza della confezione dà l’idea della conservazione dell’igiene e della salubrità del prodotto.

L’impennata di richieste di prodotti preimballati, è avvenuta soprattutto per frutta e verdura. In questo settore infatti, si è avuta una crescita del consumo di prodotti preconfezionati nonostante i costi più elevati rispetto a quelli sfusi.

L’aumento delle richieste di produzione per le industrie di imballaggi è stata anche dovuta all’improvvisa crescita di acquisti on line. Molti negozi non necessari avevano l’obbligo di chiusura a seguito del DPCM per cui tutti hanno acquistato vestiti, accessori per scuola e ufficio, prodotti informatici ed elettronici, utensili vari dal web e ciò ha aumentato la produzione e la richiesta di imballaggi. In particolare, gli imballi più utilizzati sono stati in cartone e in plastica che, fortunatamente possono essere correttamente smaltiti e riciclati grazie alla raccolta differenziata. Il consumatore finale, inoltre, ha notevolmente modificato il suo giudizio sulla plastica.

Se prima vedeva tali imballaggi inutili e inquinanti, durante l’emergenza questo materiale è diventato principe nella lotta alla diffusione soprattutto con la costante richiesta di occhiali, visiere e separatori in plexiglass.

Solo alcune aziende hanno invece subito una leggera flessione della domanda: le industrie del packaging a servizio di ristorazione e gastronomie hanno avuto una produzione più bassa che però ha avuto un miglioramento già con i primi allentamenti delle misure anticovid.

Imballaggi ed ecosostenibilità

Nel pre e nel post Covid resta lo sviluppo di nuove soluzioni ecocompatibili

La pandemia ci ha insegnato che il prodotto sfuso non è quasi mai garanzia di igiene. La paura del contagio e le misure di contenimento dureranno ancora per molto e, probabilmente, cambieranno alcuni aspetti della nostra vita, sia in ambito sanitario che commerciale.

Sicuramente l’utilizzo dei DPI in tutte le strutture sanitarie diventerà la buona abitudine, così come l’acquisizione di materiale farmaceutico in sicurezza e lo stoccaggio di rifiuti organici e non di tipo ospedaliero seguiranno un rigore ancora più elevato.

Il settore dell’agroalimentare di largo consumo dovrà rivedere le regole nella distribuzione e commercializzazione dei prodotti proprio per evitare di ritrovarsi impreparati di fronte al rischio di ogni contaminazione.

Questo vuol dire che la ricerca si orienterà verso lo sviluppo di modelli di imballaggio sostenibili per evitare che la nuova richiesta trasformi la salvaguardia della salute pubblica in disastro ambientale. Il consumatore finale infatti resta attento a questo tipo di tematica prova ne è il fatto che è in aumento la scelta di prodotti confezionato in cartone.

Questo materiale, seppur ecologico e riciclabile, non riesce a sostituire del tutto la plastica che è impermeabile e trasparente.

Ci si orienta allora verso alcuni rivoluzionari prodotti che vi mostriamo di seguito:

Packaging a base di chitosano: è un polimero derivato della chitina ed è uno dei polisaccaridi più presenti in natura dopo la cellulosa. Le sue capacità antimicrobiche lo rendono ideale per l’imballo alimentare perché rallenta anche i fenomeni di ossidazione;

Film estensibile in plastica riciclata: è realizzata all’80% di plastica riciclata ma è utilizzabile e solida come quella comune.

Packaging per alimenti compostabili e biodegradabili che sostituiscono i fogli di alluminio e la comune carta forno;

Maggiore utilizzo delle lattine in alluminio per il confezionamento di cibi e bevande: nel tempo e con la ricerca si è scoperto che questo materiale è sicuro sui cibi e sui liquidi, li conserva in maniera ottimale ed è riciclabile e quindi ecocompatibile al 100%

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